DELLA LETTERATURA ITALIANA DOPO IL SUO RISORGIMENTO COMMENTARIO DI GIAMBATTISTA CORNIANI COLLE AGGIUNTE DI CAMILLO UGONI E STEFANO TICOZZI e continuato sino a questi ultimi giorni PER CURA DI F. PREDARI Volume terzo. TORINO UNIONE TIPOGRAFICO-EDITRICE TORINESE 1855 EPOCA SESTA cha incomincia dall'anno 1530 e termina all'anno 1599. INTRODUZIONE. Nel secolo di Leon X lo studio delle amene lettere a sẻ attraea tutte le forze intellettuali de' colti italiani; e la filosofia, che doveva pure, almeno per abitudine, entrare nel corso di una liberale educazione, rimanea tuttavia sterile e tenebrosa. Si volea conoscere la natura negli scritti d'Aristotile e non nelle produzioni di cui essa è feconda. Stando però queste esposte, per cosi dir, di continuo agli occhi degli studiosi, non poteval non avvenire che si affacciasse ad essi talvolta alcuna lor qualità sino allora inosservata, e ciò o per mero accidente o per l'attività ingenita allo spirito umano, che, secondo la espressione di un sommo ingegno, « mai non si appaga de' suoi possessi e aspira sempre a nuove conquiste » (1). Ma questi non furono che lampi assai rari tendenti ad illuminare qualche minimo ripostiglio della gran madre degli esseri, mentre la sua totalità rimanea sempre avviluppata nel buio del Peripato. Trascorse un secolo e più prima che lo splendore della esperienza giugnesse a pienamente dileguarlo ed a creare una nuova filosofia. Malgrado l'accennata lentezza con cui sonosi propagati i lumi, hanno però un giusto diritto alla gloria tutti coloro che (1) Il cavalier Vincenzo Monti a pag. 13 della prima sua Prolusione, tanto gloriosa all'Italia. aprirono i primi aditi al vero. Noi siamo quindi determinati a registrare qui i nomi e i meriti della maggior parte di quelli che nel secolo decimosesto si segnalarono per qualche fisico scoprimento, Nacque in Siena l'anno 1501. Rivolse il felice suo ingegno all'arte medica ed in essa acquistò tanta fama che, giunta all'orecchio del cardinale Bernardo Clesio vescovo e principe di Trento, lo indusse ad invitarlo alla sua corte. Il Mattioli però ivi si trattenne per poco. Troppo era in lui vivo il trasporto per un soggiorno campestre, affine di potere disaminare a suo agio qualunque sorta di vegetabili. Quindi coll'assenso del cardinale ei si portò a dimorar per più anni nella non lontana valle di Anania, ove non solo fu il curator degli infermi, ma eziandio il benefattore ed il padre di quelle popolazioni, le quali lo amarono teneramente, e sinceramente lo piansero quando da loro si diparti. Egli intraprese lunghi e frequenti viaggi per monti, per selve, per laghi, per fiumi e sino per sotterranee caverne, audando sollecito in traccia delle produzioni della natura. L'imperatore Ferdinando I il chiamò a Vienna ed il creò non solo suo medico, ma consigliere aulico e nobile dell'Impero. Colà nacquegli un figlio, e si può dir che l'Europa concorse a levarglielo al sacro fonte, poichè padrini ne furono il prefato Augusto e i due ambasciatori di Francia e di Spagna in nome dei loro sovrani. Ei fu caro non meno a Ferdinando che a Massimiliano suo figlio e suo successore. Ma i costumi del Mattioli erano semplici e puri al paro degli esseri che formavano l'oggetto più caro delle indefesse sue cure, e perciò mal si affacevano alle artificiose abitudini della corte. Amò quindi di ricon |