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dietro Siviglia, dalla mano sinistra Setta, città del littorale affricano. Ma da est ad ovest non poteva essere la direzione del viaggio di Ulisse per alla volta della montagna del purgatorio dantesco. Ora che la sua nave è all' aperto fuor dello stretto passata all'Oceano Atlantico, bisognerà pigliare la vera sua direzione sud-ovest:

E volta nostra poppa nel mattino,

De' remi facemmo ale al folle volo,
Sempre acquistando del lato mancino.

Se la poppa era volta a mattina; dunque la prora era a sera, cioè volta ad ovest, e così fuori all'aperto per lo grande oceano si misero a navigare a voga arrancata, ma tenendosi sempre dal lato mancino; cioè pur andando a occidente, cioè ad ovest, ma non ad ovest perfettamente, sì tenendo un sud-ovest:

Sempre acquistando del lato mancino;

per alla volta del polo antartico, che è l' australe. Segue il poeta a dire :

Tutte le stelle già dell'altro polo

Vedea la notte, e'l nostro tanto basso,
Che non sorgeva fuor del marin suolo.
Cinque volte racceso e tante casso

Lo lume era di sotto dalla Luna,
Poi ch'entrati eravam nell'alto passo:
Quando n'apparve una montagna bruna
Per la distanza, e parvemi alta tanto,
Quanto veduta non n'aveva alcuna.

Nota cinque mesi di viaggio. Nota la montagna del Purgatorio più alta di quante ne erano nel nostro emisfero; l'America non era ancor conosciuta. Soggiunge Ulisse, che quando scoperse nell'altro emisfero questa terra abitabile, un nembo venne da essa che subissò la lor nave.

Infin che'l mar fu sopra noi richiuso.

Nota, per conclusione, la direzione del viaggio a sudovest ha bel riscontro del viaggio infernale

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LETTERA III.

Carissimo professore,

Verona a dì 30 agosto 1863.

Vedeste nell'altra mia lettera, che la partenza di Dante per la via dell' inferno si dee fissare a Gerusalemme, e che la direzione del viaggio infernale di Dante è a sud-ovest. Questo vi mostrai vero dagli accenni poetici, che a chi ben cerca si pongono nel I e II canto dell' Inferno. In questa lettera voglio mostrarvi che questa dimostrazione quasi teorica corrisponde alla pratica sulla topografia dell'antica Gerusalemme. Fu quello dell' altra lettera un come teorema: sarà questo per essere un come problema.

Se la scena dantesca dei canti preliminari I e II è veramente la topografia biblica della antica Gerusalemme, e se la direzione del viaggio infernale è da est a sud-ovest, come ho dimostrato cogli accenni testuali di Dante; noi sulla carta topografica di Gerusalemme dobbiamo riscontrare tutte le parti a suo luogo, e le mosse del poeta si devono riscontrare corrispondenti alla topografia, da conchiudere, che veramente ogni cosa è a suo luogo, e che dovette il poeta avere ordinata la tela del suo discorso su questo tipo biblico, e su questa vera topografia dell'antica Gerusalemme. Questa presi dal Calmet, e si può facilmente o nel suo Dizionario biblico, o nel suo Comento biblico, o in altro autore tro

varla ed averla sotto degli occhi, e conoscere nella figura ciò ch' io sono per dire.

Pigliamo il I capitolo di Dante Inferni e spieghiamolo ne' suoi luoghi colla topografia biblica:

Mi ritrovai per una selva oscura,

Che la diritta via era smarrita.

La selva oscura nel senso mistico della Bibbia ha da essere l'Egitto (Parad. 25. 55.), dal quale il popolo di Dio fu tratto, e condotto a vivere nella luce divina della terra promessa, la Palestina; e la via diritta e la strada della legge divina, che Dante aveva smarrita per lo peccato. Anche il profeta Abacuc dice del peccatore: Pro iniquitate vidit tentoria Aethiopiae. Era dunque il poeta (che personifica l'uomo generalmente preso) nella via diritta della salute, e nella luce divina della Chiesa, di cui è simbolo la terrena Gerusalemme ed il monte Sion; ma volse Dante i suoi passi fuor della strada diritta, e per una strada non vera e tortuosa abbandonò la terrena Gerusalemme, la Chiesa, e tornò alla schiavitù del peccato nella selva oscura di Egitto, e nelle tende di Etiopia; i quali paesi sono a mezzodì della terra promessa, e della terrena Gerusalemme. Anche Beatrice Purg. 30. 130 dice di Dante e di que→ sto suo smarrimento nella selva oscura dei vizi:

E volse i passi suoi per via non vera.

E Dante appresso dirà di questo suo smarrimento nella selva dei vizi:

Io non so ben ridir com' io v'entrai,
Tant'era pien di sonno in su quel punto
Che la verace via abbandonai (1).

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La diritta via, dove era l'uomo prima che la abbandonasse col peccato, è quella che mena dritto al colle vestito dei raggi divini di giustizia: il qual colle è il Calvario, come vedremo e questa via diritta è da Gerusalemme, e più precisamente dal Monte Oliveto al Calvario, da est ad ovest, vedi la topografia a settentrione; ma dice il poeta che abbandonò questa via, cioè deviò dalla parte di sud, per andare non al Calvario, ma per tornare alla schiavitù del demonio in Egitto ed alle tende d'Etiopia. Ora dunque si trova Dante al mezzodì della nostra topografia.

Ma per trattar del ben ch'i' vi trovai
Dirò dell'altre cose ch'io v'ho scorte.

Il bene, che trovò qua, s'intende la sua conversione dell' anima col dolor dei peccati, il quale cominciò ivi dal motivo naturale della bruttezza del vizio, e dagli altri motivi puramente naturali, non buoni alla giustificazione, ma che dispongono l'uomo a pentirsi davvero, e lo spingono a volere comechessia riconciliarsi con Dio per avere la pace perduta del cuore.

(1) Cioè dal Monte Oliveto al Calvario.

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