4 a ngemose Essertazioni moderne dicano poco in moito. piando gli antichi quel poco lo dicono anch'essi enn gü modestia e con maggior merito, e brevemente. La scuola dantesca moderna, ed in ispezialita la amica e sana, non fu nè dannosa, nè inutile, anzi ve molto alla verità critica testuale, et ula eritiva intelligenza del poema; e negli ul– tími zinquanta anni di questa nostra età meritò grandemen z Zella letteratura scientifica nel poema di Pante, e cò la letteratura italiana ad uscir ti papila sta governare il suo patrimonio della linqua vaila sua testa, e non colla testa passivamente let sigane wademici della Crusca, rivedendo e corjvegggonita så ampliando nei testi di lingua, non che net filmmazó, il patrimonio della nostra italiana letteratur; ed in ispezialtà le scritture di Dante si ano ésattuale e studiate con sana critica, e si assprando la tezione e l'abbrivo che il nostro maeand Dose area dato alla nostra letteratura, di non pentera a frasche, ma di studiare e scrivere il succo dips ease be concetto tratto dalle opere magistrali, creandone una sintesi meravigliosamente e poetica insieme e scientifica, come egli fece nella sua Divina Coxassedia. In questo poema ha voluto Dante esercitare gli ingegni italiani a trovar le bellezze poetebe non colla sola fantasia del buon gusto, ma ea critica indagatrice del congegno universale della macchina nelle misure del tempo e del luogo; e colla critica indagatrice di quegli arcani rispetti che hanno altresì le più piccole particelle col discorso, e gli scorci per così dire pittorici, che danno a rilevare la verità di rimbalzo, cioè in una idea inter media tra l'una particella e l'altra del discorso. Questi, che io chiamerei problemi danteschi, dovevano gli studiosi cercarli nel loro valore scientifico, ed investigarne la proprietà poetica di tutto il concetto; ma non trovò Dante studiosi del suo poema che fossero pari al suo merito quali se li prometteva; ed a studiare la letteratura poetica gli succedettero i parolai boccaccevoli, gli imitatori svenevoli petrarchisti, i trafogliosi arcadici, ed il poema divino fin dal principio non fu nè ben letto nè ben inteso; ed altresì i trecen tisti serbarono, è vero, la tradizione del suo concetto cattolico, ma nè l'insieme, ed il congegno del poema non fu studiato nè inteso, nè gli arcani poetici per la maggior parte non furono investigati. E quanto al congegno, dirò così, della macchina infernale Antonio Manetti ne diede il sito, la forma, e la misura, e fu seguitato dal Landino; ma fu trovato pieno di errori nelle misure del tempo il Landino, e fu confutata da messer Donato Giannotti, e le misure del tempo e del luogo ne diede con maggior verità il Velutello, non pur dell'Inferno, ma anche del Purgatorio, e del Paradiso di Dante. Di queste misure del tempo e del luogo ragiona assai bene il vivente arciprete di Campegine ab. Romani di Reggio, e del tempo dà le misure con molto merito anche il dott." Pietro Guerra di Modena; e fra gli altri trattò queste misure dantesche del tempo con merito insigne il Padre Marco Giovanni Ponta della congregazione somasca. Il poema di Dante fu a'nostri giorni pigliato a studiare nella sua parte scientifica, della quale credette occuparsene degnamente altresì il Galileo; ma non gli riuscì di trovare la verità vagheggiata, ingannato LETTERA I. Carissimo professore Mi Verona a dì 3 agosto 1863. li proponete di scrivervi osservazioni critiche sulla Divina Commedia di Dante da pubblicar colle stampe. Ho voluto prima vedere se osservazioni critiche necessarie da fare alla correzione ed alla illustrazione veridica del poema divino rimangono veramente da fare e da pubblicare colle stampe in servigio degli studiosi dantofili. Molte scritture illustrative dantesche già furono pubblicate e in Italia e fuori d'Italia, ma non tutte sono utili, anzi le più sono inutili, e parecchie scritture dantesche le direi del maestro Cuio che dove è chiaro fa buio. Certo la celeberrima scuola moderna dantesca politico-religiosa, dallo spirito-antipapale, non pure è inutile, ma fu estremamente dannosa alla vera intelligenza del divino poema. Non è per altro vera la sentenza di quelli che disprezzando lo studio dantesco moderno ci vengono a dire, che meglio e più gli antichi spositori di Dante illustrarono il suo poema, che non gli spositori moderni: quasi le costoro fatiche giovassero poco alla verità, e che le lunghe |